di Daniele Miccione
E se per una volta, giusto per cambiare, provassimo ad essere ottimisti sulla Sicilia? Toccato il fondo del pantano politico e burocratico di un apparato regionale che non funziona, l’isola si gode un rimbalzo turistico, si rimbocca le maniche e prova a mettere in vetrina il meglio che ha: capitale umano e territorio. I segnali positivi arrivano da una manifestazione tecnica, poco conosciuta al grande pubblico, come Sicilia en primeur, che ha lo scopo di presentare alla stampa mondiale (quest’anno più di 100 giornalisti) la nuova annata.
In programma in questi giorni a Catania l’evento è stato lanciato nel 2004 da Assovini Sicilia, che raggruppa 76 aziende vinicole e rappresenta l’87% del vino imbottigliato nella regione.
La stampa – giornalisti specializzati sul vino ma anche più in generale sull’enogastronomia oppure sul turismo – viene divisa in gruppi di una decina di persone distribuiti su tutta l’isola. Giusto per capire quest’anno c’erano 8 tour disponibili: 2 sull’Etna, uno a Pantelleria, altri nel trapanese e così via. Ognuno con 6 aziende da visitare. L’obbiettivo primario è assaggiare il vino ma il corollario è la scoperta delle aziende, del territorio, della gastronomia. L’evento viene chiuso da due giorni di assaggi (300 vini in degustazione, alla cieca o secondo un percorso scelto dal giornalista) e incontri con i produttori.
Francesco Ferreri, presidente di Assovini, riassume il momento. “In Sicilia la viticoltura ha 2700 anni di storia, il vino imbottigliato appena 30. Così il primo step è stato produrre vino di qualità, poi fare le cantine, adesso siamo al terzo passo: investire sull’enoturismo“. I dati forniti dall’associazione siciliana non lasciano dubbi sulla tendenza: il 98% dei soci organizza degustazioni, il 60% fa anche ristorazione, il 40% ha strutture ricettive. “Siamo passati in 10 anni da una media di 200 turisti ad azienda a 4700. E questo vuol dire anche fare un servizio al territorio perché crea ricchezza e genera indotto. Oggi c’è un turismo del vino non solo sull’Etna ma a Vittoria, Menfi, Pantelleria, Siracusa, Noto. Abbiamo le potenzialità per diventare una grande Napa Valley. Con un solo punto debole: la logistica. Strade e trasporti vanno necessariamente migliorati”.
“La Sicilia del vino non è più un fenomeno di moda – aggiunge Gaetana Jacono, di Valle dell’Acate . La Sicilia oggi è una realtà di aziende che lavorano sul territorio, investono e vogliono anche dei risultati. Oggi abbiamo una qualità media del vino ottima. Il prossimo passo è il turismo. Ma è necessario vendere il vino con gioia. Io per questo nella mia azienda ho lanciato The House of Pairings, un progetto turistico in cui i miei vini, le mie verticali, vengono legati a corsi di cucina e degustazioni. Per esaltare il vino grazie alla convivialità”.
Quest’anno la novità di Sicilia en primeur è l’apertura al pubblico che oggi sabato 29 aprile, alle 18 (biglietto 20 euro), vedrà un momento dedicato ai Wine Lovers presso il parco di Radicepura, a Giarre (CT). Che è un interessante progetto della famiglia Faro, specialisti nella vivaistica e oggi impegnati anche con una cantina di grande qualità sull’Etna, Pietradolce. Si tratta di uno spazio polifunzionale spiazzante. Un’area modernissima per congressi, manifestazioni, convegni, paracadutata dentro un giardino di 5 ettari con 3000 piante da tutto il mondo, una banca dei semi, un palazzo storico e un palmento appartenuti alla famiglia dei Baroni Nicolosi di Acireale. “Avevamo acquistato questo terreno per farne un vivaio dove mettere a dimora piante ornamentali – racconta Michele Faro – . Poi il vecchio proprietario cedette anche gli immobili e dall’idea di recuperarli è nata quella di fare un vero e proprio orto botanico dove mio padre, Venerando, ha messo il meglio delle piante selezionate in una vita. Organizziamo anche un Festival sul design dei giardini che dura 6 mesi e dove ci sono istallazioni di giovani talenti che hanno partecipato a un concorso di idee e di grandi professionisti selezionati per l’evento”.
Un aspetto molto interessante della degustazione fatta ieri è l’isolacontinente. “Il nostro territorio è chiaramente diviso in tante identità – dice la Jacono – Ma questo non porta divisioni ma ricchezza, una diversità culturale, architettonica, gastronomica e ovviamente enologica che regala a chi viene a visitarci un’esperienza unica”. Seduti al tavolino di Radicepura si può fare questo piccolo viaggio tra le differenze che in certi territori diventa un gioco sofisticato. Sull’Etna ad esempio l’identità dei vini non solo cambia da azienda ad azienda e da contrada a contrada ma perfino lo stesso produttore si trova alle prese con vigneti ad altitudini differenti, con un terreno disegnato dalle capricciose colate laviche, con piante giovanissime vicine ad altre secolari. Così quasi tutti portano avanti un lavoro di cru che ben si adatta ad un territorio piccolo (l’Etna produce 2 milioni di bottiglie l’anno) che ha bisogno di spingere sul valore delle bottiglie. Ci sono aziende che vinificano separatamente ogni vigna creando dei minicru da scoprire. Le difficoltà possono diventare punti di forza.
Le differenze dunque sono ricchezza. Per esempio abbiamo fatto un gioco mettendo a confronto Grillo di territori diversi. Con vini davvero lontani già dal colore: dal giallo scarico del Timeo (Baglio di Pianetto, Gela) all’oro puro del Vigna di Pettineo (Maggio, Vittoria). Poi i profumi: da quelli esuberanti del Grillo Mozia di Tasca d’Almerita (sulla fascinosa isola di Mothia) a quelli complessi del Family and Friends di Feudo Maccari. E se col Timeo viene voglia di fare un aperitivo tra amici, con il Family and Friends ci accompagni un pesce in una cena importante. Per completare il gioco abbiamo messo in fila 5 calici di spumanti autoctoni: il Nero Luce dei Principi di Butera (Nero d’Avola), il Gaudensius fatto sull’Etna da Firriato (Nerello Mascalese), il Luce Nascente, Frappato rosé di Maggio, il Palmares Brut di Gorghi Tondi (Grillo), il Sosta Tre Santi di Nicosia (Carricante). Un messaggio sull’unicità della Sicilia affidato alle bollicine.
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